Tregua: la scelta di Putin


Ucraina e Stati Uniti hanno stilato una proposta congiunta per un cessate il fuoco di 30 giorni con la Russia, che potrebbe cambiare le sorti del conflitto in corso. L’accordo, mediato durante i negoziati a Gedda in Arabia Saudita, è stato annunciato all’indomani del più massiccio attacco con droni mai scagliato sulla regione di Mosca, con oltre 90 velivoli che hanno preso di mira la capitale e 343 abbattuti in tutto il Paese. L’attacco, in cui almeno tre persone sono rimaste uccise e diversi edifici sono stati danneggiati, ha scatenato il panico tra i residenti e costretto ad una temporanea chiusura dei quattro aeroporti della capitale. La dimostrazione di forza è avvenuta dopo che la Russia aveva a sua volta intensificato i raid contro l’Ucraina in seguito alla disastrosa visita del presidente ucraino Volodymyr Zelensky allo Studio Ovale il 28 febbraio. Ieri, dalla città portuale sul Mar Rosso in cui si sono svolti i colloqui, il Segretario di Stato americano Marco Rubio si è rivolto a Mosca in modo molto diretto: “L’Ucraina – ha detto – è pronta a smettere di sparare e iniziare a parlare. E ora spetterà [ai russi] dire sì o no. Se dicono di no, allora purtroppo sapremo chi è l’ostacolo alla pace”. Gli Stati Uniti hanno anche ripristinato la condivisione di intelligence e gli aiuti militari a Kiev, entrambi sospesi la scorsa settimana, mentre l’accordo sui minerali tra Ucraina e Stati Uniti andrà avanti “il prima possibile”.

Svolta per Kiev?

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che l’amministrazione Trump aveva accusato di “non essere pronto” per la pace, ha dichiarato che l’Ucraina è “disposta ad accettare” i termini della tregua di un mese proposta dagli Stati Uniti, che va oltre l’ipotesi iniziale di Kiev di un cessate il fuoco solo parziale relativo agli attacchi missilistici e con droni a lungo raggio, nonché alle attività militari nel Mar Nero. Per il presidente ucraino, la svolta raggiunta ieri a Gedda va oltre le più rosee previsioni e rappresenta dunque, un successo sotto diversi punti di vista. In primis perché segna un netto miglioramento nei rapporti con gli Usa dopo il drammatico incontro-scontro tra i due presidenti nello Studio Ovale. E poi perché, contrariamente alle attese, Kiev non è stata costretta a firmare su due piedi l’accordo sui minerali critici. La firma, beninteso, è solo rinviata ma potrebbe non rivelarsi quel ricatto che si prefigurava nella primissima ora. Infine, ma da non sottovalutare, se la tregua andasse in porto Kiev otterrebbe il congelamento temporaneo di oltre 2mila chilometri di linea del fronte in un momento in cui le forze russe sembrano avere la meglio. “Lo vediamo come un passo positivo e siamo pronti a farlo” ha dichiarato Zelensky, parlando a margine dell’incontro con i giornalisti. “Ora, spetta agli Stati Uniti convincere la Russia a fare lo stesso. Se accetta, il cessate il fuoco entrerà in vigore immediatamente”.

Riarmo: buy european?

Anche gli europei hanno accolto positivamente la proposta di cessate il fuoco: si tratta di “uno sviluppo positivo che può rappresentare un passo verso una pace completa, giusta e duratura per l’Ucraina. La palla è ora nel campo della Russia” hanno affermato in una dichiarazione congiunta Ursula von der Leyen e António Costa, secondo cui l’Unione “è pronta a svolgere appieno la sua parte, insieme ai suoi partner, nei prossimi negoziati di pace”. A questo proposito, a Bruxelles, il Parlamento europeo ha approvato oggi una risoluzione non vincolante sul Libro bianco della difesa che la Commissione presenterà il 19 marzo, e che conterrà il piano ReArm Europe. “Dobbiamo costruire una difesa comune. Non per minacciare o conquistare, ma per scoraggiare ogni attacco dall’esterno, mosso dall’odio contro un’Europa unita”, ha detto la presidente della Commissione, precisando che prestiti previsti nel piano, “dovrebbero finanziare gli acquisti da parte dei produttori europei, per contribuire a rafforzare la nostra industria della difesa”. Una soluzione che, se realizzata, costituirebbe una vera e propria svolta rispetto a una prassi abbastanza consolidata dei Paesi europei dell’Alleanza Atlantica, che è quella di acquistare armi soprattutto dagli Stati Uniti. La precisazione sul “buy european” avviene mentre tra le due sponde dell’Atlantico sale la tensione attorno all’escalation sui dazi innescata da Washington.

La Russia è pronta?

Ancora prima che da Gedda fosse annunciata la proposta, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov si era espresso contro “un cessate il fuoco che consentirebbe agli Stati Uniti di riarmare l’Ucraina e di indirizzare nuovamente il fuoco contro il nostro Paese”. Nelle ore successive, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha stemperato i toni, precisando che Mosca “sta ancora aspettando di sentire direttamente dagli Stati Uniti prima di prendere posizione al riguardo” e che a tal fine potrebbe essere organizzata rapidamente “una telefonata” tra Trump e Putin. In altre parole, i russi aspettano di sapere dagli Usa che concessioni hanno ottenuto a Gedda. La delegazione ucraina sembra infatti aver rinunciato – nessuna delle due delegazioni ne ha fatto menzione – a quelle “garanzie di sicurezza” che avevano fatto deragliare l’incontro di Zelensky alla Casa Bianca. Ma se il cessate il fuoco dovesse realizzarsi e casomai reggere, il problema si riproporrà e il ruolo degli europei potrebbe tornare ad essere cruciale. Tutto a suo tempo. Ora la scelta sta a Mosca. “Putin si trova alle prese con un dilemma difficile: Ucraina o Trump – osserva l’analista politico ucraino Volodymyr Fesenko – Ieri sperava di ottenere entrambi […] E adesso dovrà scegliere”. A meno di altri colpi di scena.

Il commento

di Stefano Stefanini, ISPI Senior Advisor

“L’accordo ucraino-americano di Gedda inverte la dinamica delle pressioni dell’amministrazione Trump per il cessate il fuoco. Finora Washington le aveva rivolte quasi esclusivamente su Kiev, fino alla plateale sceneggiata dell’Ufficio Ovale. Adesso, ottenuto dall’Ucraina il benestare far tacere le armi per un mese senza condizioni, il peso dell’iniziativa americana ricade interamente su Mosca. La proposta mette Putin in difficoltà. O accetta una tregua che in questo momento non vuole o si ritrova con un’Ucraina che ha il pieno appoggio americano. Trump ha ottenuto da Zelensky quello che voleva, minerali compresi. Se Putin dice di no alla proposta di Trump se lo trova avversario né più né meno di Biden. La distensione russo-americana muore prima di nascere. Se accettata dalla Russia, la tregua di trenta giorni apre una complessa partita non solo fra Russia e Ucraina per un cessate il fuoco permanente, ivi comprese le garanzie internazionali che sono per Kiev un sine qua non, ma anche sulla sicurezza europea in senso lato. Che non può più poggiare prevalentemente sulle spalle americane. Anche qui si va verso un’inversione di carichi. Verso una nuova NATO dove il carico maggiore per la sicurezza del continente deve passare sulle spalle europee, con gli USA in veste sussidiaria. Il passaggio non può essere repentino ma si sta avviando rapidamente, ad esempio con la rapida approvazione di ReArm Europe in tempi record per l’Ue. L’accordo di Gedda va collocato anche in questa cornice proprio perché ignora la questione delle garanzie all’Ucraina. Per un semplice motivo: tocca agli europei non agli americani darle. Gedda da all’amministrazione Trump un’importante vittoria diplomatica; fa tirare un respiro di sollievo agli ucraini; mette in angolo la Russia; chiama in causa gli europei per il dopo tregua temporanea – se accettata da Mosca.”



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