Martedì 11 marzo, un evento di grande rilievo ha avuto luogo nel carcere di Rebibbia, segnando una tappa fondamentale nel percorso verso l’obiettivo “Recidiva Zero”. Il Segretariato permanente per l’inclusione economica, sociale e lavorativa delle persone private della libertà personale, presieduto dal consigliere Emilio Minunzio, si è riunito nel reparto G8 dell’istituto penitenziario grazie all’accoglienza della direttrice Teresa Mascolo.
Recidiva Zero: il CNEL porta il confronto dentro Rebibbia per un nuovo modello di inclusione sociale
L’incontro ha dato voce alla popolazione detenuta, coinvolgendola attivamente in un dibattito aperto sulle prospettive di reinserimento sociale attraverso il lavoro e la formazione. Il modello proposto contrappone un approccio rieducativo e di recupero sociale alla tradizionale visione punitiva e securitaria.
Lavoro e dignità: i numeri di un sistema da riformare
Secondo i dati presentati dal CNEL, attualmente solo l’1% dei detenuti in Italia lavora per imprese private, il 3% è impiegato in cooperative sociali, mentre circa il 27% svolge attività alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria. Il potenziale inespresso è enorme, ma gli incentivi economici per le imprese faticano a tradursi in assunzioni concrete: nel 2023, infatti, solo il 66% dei fondi previsti per sgravi fiscali e contributivi è stato effettivamente utilizzato.
Per colmare questa lacuna, il CNEL propone un’integrazione del Rating ESG – l’indice che misura la sostenibilità ambientale e sociale delle imprese – includendo anche gli sforzi per l’inserimento lavorativo dei detenuti. In questo modo, il coinvolgimento delle aziende non sarebbe solo un’opportunità economica, ma anche un valore aggiunto per la loro reputazione.
Uno studio condotto da The European House – Ambrosetti ha stimato che un efficace inserimento lavorativo dei detenuti potrebbe generare un impatto economico positivo sul PIL compreso tra i 280 e i 480 milioni di euro annui.
Proposte concrete: sindacati, salari dignitosi e digitalizzazione
Durante il confronto, sono emerse diverse criticità del sistema penitenziario italiano:
L’assenza di una sigla sindacale per i detenuti lavoratori, che potrebbe garantire tutele fondamentali.
Il diniego del reddito d’inclusione a chi è detenuto o ha appena scontato la pena, impedendo un sostegno economico nella fase di reinserimento.
La pignorabilità dello stipendio percepito dai detenuti, che non segue il limite del quinto applicato ai comuni cittadini.
Il raddoppio del contributo per il mantenimento carcerario dal 2016, che grava ulteriormente sulle persone private della libertà.
Tra le idee più innovative, Luca Finocchiaro ha suggerito la creazione di un albo certificato per le aziende disponibili ad assumere detenuti, oltre all’istituzione di un ufficio del lavoro dedicato alla gestione dei curricula dei detenuti.
Fabio Falbo ha proposto un progetto di “terza missione”, in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata e la professoressa Marina Formica, per migliorare il sistema penitenziario attraverso la formazione e il lavoro. Una delle iniziative più ambiziose riguarda la creazione della figura dello “Scrivano Digitale”, con la digitalizzazione delle 190 strutture carcerarie italiane per snellire la burocrazia e ottimizzare le risorse.
Tecnologia e carcere: il paradosso della “Big Tech della società libera”
Il progetto prevede anche la creazione di un’app dedicata all’amministrazione penitenziaria e alle famiglie dei detenuti, fornendo informazioni su colloqui, trasporti e logistica carceraria.
Un’idea innovativa riguarda l’attivazione di hub o locker Amazon all’interno delle carceri per agevolare la ricezione e il reso dei prodotti ordinati, creando opportunità lavorative per i detenuti nel settore della logistica.
Si è discusso anche dell’uso dell’intelligenza artificiale nel mondo giuridico, con il supporto del supercalcolatore Leonardo, gestito da Cineca, e dei modelli AI italiani Velvet 14B e Velvet 2B. L’obiettivo è sfruttare il carcere come un laboratorio tecnologico avanzato per l’analisi e la gestione dei dati giuridici, garantendo trasparenza e monitoraggio del sistema giudiziario.
Social Impact Bond: finanziare il cambiamento
Un altro strumento discusso è l’introduzione dei Social Impact Bond (SIB) – modelli finanziari che premiano gli investitori solo se si generano risultati sociali misurabili. Se applicati al sistema carcerario, questi strumenti potrebbero incentivare il reinserimento dei detenuti attraverso progetti di pubblica utilità, garantendo al contempo risparmi per la Pubblica Amministrazione.
Verso un nuovo modello di giustizia sociale
L’incontro di Rebibbia ha dimostrato che il carcere può diventare una risorsa per la società anziché un peso. Lavoro, formazione, digitalizzazione e innovazione possono abbattere la recidiva e trasformare il sistema penitenziario in un motore di inclusione.
Il progetto “Recidiva Zero” è una sfida ambiziosa, ma necessaria: un carcere che rieduca è un carcere che non si riempie più.
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