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23 mila imprese italiane a rischio secondo l’Istat


Un terremoto economico rischia di abbattersi sulle imprese italiane. A certificarlo, l’ultimo Rapporto Istat sulla competitività dei settori produttivi, che sostiene che a pagare il prezzo della guerra commerciale scatenata dai dazi dell’amministrazione Trump potrebbero essere oltre 20 mila aziende. Le quali, dal 2 aprile in poi, rischiano di trovarsi nel bel mezzo dell’attuale complicato scenario geopolitico e di risentire degli effetti negativi delle tariffe doganali imposte da Trump. 

In particolare, l’analisi pubblicata in queste ore definisce –  a causa della loro forte dipendenza da domanda estera – “vulnerabili” 23.000 aziende. Pur rappresentando solo lo 0,5% del totale, queste danno lavoro a 415 mila persone, generano 36 miliardi di valore aggiunto e realizzano esportazioni per 87 miliardi di euro. Se il protezionismo USA si trasformasse a breve in una barriera insormontabile, le conseguenze per loro potrebbero essere devastanti.

Il primo mercato di sbocco sono gli USA per  3 mila di loro: grazie al commercio con il Nord America, attualmente generano esportazioni pari a circa 10 miliardi in settori strategici come farmaceutica, meccanica, gioielleria, alimentari e arredamento. Altre 2.800 esportano soprattutto verso Germania – Paese in recessione da tre anni. I settori più esposti nel commercio con Berlino includono componentistica auto, gas, materiale elettrico e prodotti in metallo: anche loro, dunque, risentirebbero del peso dei dazi americani su acciaio e alluminio.

Verso gli Usa la tendenza all’export del nostro Paese è cresciuta nel tempo, aumentando negli ultimi cinque anni in 14 settori sui 22 analizzati e rendendo l’Italia il terzo Paese europeo più dipendente dal commercio extra-UE, con un avanzo commerciale nei confronti di Washington di 35 miliardi di euro. 

I dati parlano chiaro, insomma: l’Italia è particolarmente esposta alle tensioni economiche. E questo senza considerare la cosiddetta ‘doppia vulnerabilità’, se si tiene conto anche dell’import. Lo studio ci spiega infatti che le aziende dipendenti anche dalle importazioni, sebbene siano solo 4600 – lo 0,1% del totale -, contano nondimeno 400 mila addetti e generano 47 miliardi di valore aggiunto. I prodotti importati (per la maggior parte nei settori farmaceutico, del legno, del cook e della chimica) si aggirano attualmente intorno ai 116 miliardi: inutile dire che questa cifra risentirebbe di uno shock in negativo dovuto all’esaurirsi di fonti estere. 

Insomma, prospettive non rosee all’orizzonte. I nuovi dazi USA potrebbero colpire settori chiave del Made in Italy e aumentare di molto i costi di produzione. E se finora il sistema industriale italiano ha retto, il protezionismo rischia di cambiare le carte in tavola: una grande sfida per il nostro tessuto produttivo, per usare un eufemismo.







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