Caso di scuola lo spostamento nel Novarese di una consociata del gruppo Zegna dopo 48 anni in Canton Ticino, sempre più «caro». Ma il sogno italiano di diventare «Cina d’Europa» si scontra con burocrazia e tasse sull’energia
Se guadagniamo poco ci guadagniamo tutti? A leggere le cronache del Ticino sembrerebbe di sì. Il gruppo Zegna ha riportato in Italia dalla Svizzera, a Oleggio, in Piemonte, 80 posti di lavoro della consociata Consitex dopo che il governo di Zurigo ha aumentato il salario minimo rendendo quindi meno vantaggiosa la produzione.
Costo del lavoro in Svizzera che sale sempre di più, mentre in Italia i salari procedono con il passo del gambero.
Il nostro è il terzo Paese dell’area Ocse che ha più da recuperare in termini di potere d’acquisto dei salari, -7,4% tra 2021 e 2024.
Il «back to Italy» dei salari bassi tuttavia rischia di essere una vittoria di Pirro, con il fiato cortissimo che dovrà accontentarsi di qualche posto di lavoro in più e poco sviluppo.
Il gap salariale del Paese non è stato colmato negli ultimi 20 anni. Anzi in certi casi si è persino accentuato. E non sembra essere stata una leva per far girare il motore degli investimenti.
L’Italia è il decimo paese in Europa per attrazione di investimenti esteri diretti. E il sogno del reshoring, la «rilocalizzazione» di attività produttive prima delocalizzate all’estero di imprese italiane, seppure favorito da agevolazioni fiscali e dagli smottamenti di una globalizzazione che si è fatta più piccola, tra dazi e contro-dazi, si è scontrato con tutte le farraginosità e costi del sistema italiano.
Nel nostro Paese c’è costo dell’energia tra i più cari d’Europa, intorno 0,193 euro al chilowattora. Nel 2024 l’energia elettrica in Francia è costata il 47% in meno dell’Italia, mentre in Spagna il risparmio è stato del 42% ed in Germania del 28%.
L’Italia è secondo paese per tassazione più alta dell’elettricità delle imprese. Nella classifica Doing Business della Banca Mondiale l’Italia è appena 58esima per facilità di fare impresa, tra pastoie burocratiche, costi e tasse.
Diventare la «Cina d’Europa» sperando di attrarre investimenti solo con la leva dei salari bassi, oltre a non attrarre molti investimenti, ha un altro effetto collaterale: la fuga dei cervelli. A tre anni dalla laurea un ingegnere del Politecnico di Torino guadagna meno di 2 mila euro, circa 37 mila, un collega francese in media l’ano percepisce 45-49 mila, in Uk 40 mila sterline, in Germania 60 mila. E forse la fuga delle competenze non vale gli ottanta posti di lavoro di Oleggio.
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