Nella notte della democrazia europea, dove le vacche sono così nere da risultare invisibili, arriva nerissima la notizia della condanna inflitta alla “nera” Marine Le Pen per uso improprio di fondi europei. Spieghiamo bene, nella parte interna del giornale, l’aspetto giuridico ed economico della vicenda. Vicenda che però ha anche enormi risvolti politici, in un momento già delicatissimo. Marine Le Pen, erede familiare e politica del patriarca Jean-Marie, è da tempo protagonista di un paradosso, legato al sistema elettorale francese. Le Pen e il suo Rassemblement National vincono (talvolta stravincono) al primo turno, risultando il primo partito e colorando di blu la mappa con le regioni e i dipartimenti d’oltralpe. Poi però c’è il ballottaggio: ed è quello che in Francia fa i giochi, decide chi governa e come sarà strutturato il parlamento. Qui, indipendentemente da chi è giunto secondo al primo turno, i cittadini francesi ostili all’estrema destra si uniscono e votano per lo sfidante di Le Pen, chiunque sia. Così la Francia ha in Europa un doppio primato, che la rende unica: è il paese dove l’estrema destra prende più voti, dunque dove è numericamente più forte e rappresentativa, e ad un tempo è il paese dove l’ostilità all’estrema destra è più forte e radicata nell’animo dell’elettorato, tanto da unire sensibilità diversissime e spingere al voto in rifiuto della Le Pen anche senza apparentamenti da parte delle altre forze politiche. Macron, inviso a moltissimi francesi, ha vinto le ultime elezioni quasi esclusivamente per il suo ruolo di “anti Le Pen”, nell’ottica della realizzazione spontanea d’un cordone sanitario contro l’estrema destra al potere. Quel cordone è appunto in Francia una realtà consolidata ormai da diversi lustri. Questo è ciò che è successo finora, ma questo schema potrebbe saltare in aria dopo la condanna di ieri e le conseguenze politiche e mediatiche della condanna. Da un lato infatti l’utilizzo improprio di fondi europei getta un’ombra di discredito importante nei riguardi di Marine Le Pen, ciò che potrebbe erodere il consenso elettorale di cui la stessa gode e aprire una crisi all’interno del Rassemblement Nationale. Dall’altra, invece, la legge che le impedisce di candidarsi per cinque anni anche dopo una condanna in primo grado, potrebbe essere usata per farle interpretare il ruolo di vittima (del sistema? Dell’Europa? Della giustizia?) e rilanciare RN che ha in Jordan Bardella un possibile candidato alternativo a Le Pen, e già accreditato di un crescente consenso nell’elettorato transalpino. La condanna, ma sopratutto la sanzione accessoria dell’incandidabilità, insomma potrebbe pure giovare elettoralmente a Le Pen, eterna seconda. Premettendo che la legge francese che la esclude (più severa della nostra legge Severino) è in voga da nove anni senza che RN abbia urlato allo scandalo, è evidente che anche questo evento sgretola la già assai fragile democrazia europea. In Romania si sono annullate delle elezioni e poi si è impedito al favorito di candidarsi, in Francia arriva questa mina, assolutamente giustificata dalla condotta di Le Pen ma comunque destinata a lasciare un segno ed aumentare la disaffezione, in Italia non vota un avente diritto su due, e la fiducia nel sistema dei partiti è ai minimi storici, peraltro in assenza di qualunque alternativa. Se a questo aggiungiamo il peso sempre più esile che l’Europa ha sullo scacchiere internazionale e la scarsa incidenza del Parlamento Europeo (unico organo eletto democraticamente) rispetto a Consiglio e Commissione, abbiamo un quadro desolante, dove il crescente disinteresse dei cittadini è ad un tempo causa ed effetto della scarsa democrazia reale (sulla carta è invece tutto meraviglioso, come non ha mancato di ricordarci Benigni). Una classe politica e dirigente responsabile si occuperebbe in primis di questo, e lavorerebbe -magari anche di concerto con partiti di coalizione avversa, in un gesto di responsabilità miltipartisan- a riavvicinare i cittadini alle istituzioni, allontanando le pulsioni anti-Stato e anti democratiche che oggi prendono piede con troppa facilità, specie fra i cittadini più giovani. Purtroppo invece ci limitiamo a registrare la scontata difesa di Le Pen da parte dell’alleato Salvini, qualche frecciata ai magistrati italiani (vedete che in Francia è peggio?) e Calenda che nel frattempo parla di “cancellare” un altro partito, come se decidesse lui e non gli elettori. Se la democrazia è luce, qui il buio si fa sempre più fitto.
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