Efficienza energetica: la nuova leva della competitività industriale?


Nel pieno della transizione energetica, l’efficienza non è più un obiettivo secondario. È diventata una leva strategica per la competitività industriale, una risposta concreta alla domanda di sostenibilità e una chiave per integrare tecnologie, innovazione e territorio. Le Esco Energy Service Company, società specializzate in efficienza energetica che offrono soluzioni “chiavi in mano” per ridurre i consumi e le emissioni. Il loro modello è semplice: finanziano direttamente gli interventi, come l’installazione di impianti per l’autoproduzione di energia, e recuperano l’investimento attraverso i risparmi ottenuti in bolletta o una quota dell’energia prodotta – oggi si ripensano come system integrator della transizione: soggetti in grado di coordinare investimenti, modelli contrattuali evoluti e soluzioni tecnologiche per rispondere a una domanda sempre più articolata. Anche adottando modelli contrattuali sempre più sofisticati, che si stanno spostando dagli Energy Performance Contract verso i Carbon Performance Contract, in cui la riduzione delle emissioni diventa l’indicatore chiave.

Una trasformazione che trova riscontro nei numeri: secondo lo studio Agici (boutique di ricerca e consulenza economico-strategica) “Efficienza e Transizione Energetica – Competitività di modelli integrati”, il comparto ha visto una crescita del fatturato del +62% in dieci anni, passando da 7,6 miliardi di euro nel 2014 a 12,2 miliardi nel 2023. Ma se il settore è cresciuto, le sfide non sono finite. Per raggiungere gli obiettivi della Direttiva Epbd – che prevede un taglio del 16% dei consumi residenziali entro il 2030 – serviranno 16,2 miliardi di euro di investimenti all’anno: 13 miliardi per riqualificare 2,2 milioni di edifici residenziali, 2,5 miliardi per l’edilizia pubblica, e fino a 5,4 miliardi per il comparto industriale.

L’edilizia pubblica, ancora poco esplorata, si conferma un’area ad alto potenziale di intervento, mentre la digitalizzazione si impone come elemento abilitante per rendere impianti e infrastrutture più efficienti, reattivi e competitivi. A tenere insieme tutti questi elementi, però, deve esserci un sistema incentivante stabile e coerente, capace di attrarre investimenti e garantire risultati nel lungo periodo. Dalle reti di teleriscaldamento alimentate con calore di scarto ai contratti su misura per le imprese energivore, passando per l’integrazione tra pubblico e privato, industria e tecnologia, l’efficienza oggi non è solo ambientale. È il volto più concreto – e spesso sottovalutato – della transizione industriale del Paese.

Efficienza integrata: un mercato da 12,2 miliardi. Ma servono 16 miliardi l’anno per decarbonizzare davvero. Lo studio di Agici

Negli ultimi dieci anni, complice la transizione energetica e l’instabilità dei mercati, il modo di gestire l’energia è cambiato profondamente. Le aziende dell’efficienza energetica non sono più solo fornitori di tecnologie: oggi integrano competenze tecniche, finanziarie e digitali per offrire soluzioni su misura. Il risultato? Un comparto cresciuto del 62%, con un fatturato passato da 7,6 miliardi nel 2014 a 12,2 miliardi nel 2023. Secondo uno studio di Agici, l’integrazione tra Efficienza Energetica (EE) e Fonti Rinnovabili (Fer) può ridurre drasticamente le emissioni in quattro ambiti chiave: case unifamiliari, condomini, edifici pubblici e industria. Nelle abitazioni singole, l’unione tra isolamento termico, fotovoltaico, pompe di calore e batterie di accumulo consente di tagliare le emissioni fino al 94%. Nei condomini, la combinazione più efficace risulta essere quella tra coibentazione e teleriscaldamento, con un potenziale di riduzione pari all’89%. Anche gli edifici pubblici – come scuole, ospedali e municipi – possono beneficiare di questo approccio, seppur con risultati più contenuti a causa dei limiti strutturali e finanziari delle amministrazioni locali. Nel settore industriale, invece, la sinergia tra EE e Fer consente un abbattimento stimato del 54%.

Secondo uno studio di Agici, l’integrazione tra Efficienza Energetica (EE) e Fonti Rinnovabili (Fer) può ridurre drasticamente le emissioni in quattro ambiti chiave: case unifamiliari, condomini, edifici pubblici e industria. Nelle abitazioni singole, l’unione tra isolamento termico, fotovoltaico, pompe di calore e batterie di accumulo consente di tagliare le emissioni fino al 94%. Fonte Agici.

Ma tutto questo ha un costo. Per rispettare la Direttiva “Case Green”, che impone una riduzione del 16% dei consumi residenziali entro il 2030, servono 13 miliardi di euro l’anno per sei anni78 miliardi in totale – per riqualificare 2,2 milioni di abitazioni, con almeno un intervento edile e la sostituzione dell’impianto termico. A questi si sommano 2,5 miliardi l’anno per l’edilizia pubblica (15 miliardi in sei anni) e tra 2,6 e 5,4 miliardi per il comparto industriale, con una media di 700 milioni di euro annui. Il fabbisogno complessivo arriva così a 16,2 miliardi all’anno. Una cifra che l’attuale sistema non è in grado di sostenere. Gli incentivi oggi disponibili non bastano a stimolare la massa critica di investimenti privati necessaria. E con le finanze pubbliche sempre più sotto pressione, Agici rilancia la necessità di un quadro di supporto stabile, chiaro e prevedibile, capace di attrarre capitali privati – banche di sviluppo, fondi di private equity, istituzioni finanziarie – che ad oggi restano ancora marginali nel settore. La direzione è tracciata. L’efficienza energetica è un’industria che cresce, produce valore e riduce l’impronta ambientale. Ma ha bisogno di governance, strumenti adeguati e visione industriale. Altrimenti, rischia di restare solo una promessa non mantenuta.

Le aziende dell’efficienza energetica non sono più solo fornitori di tecnologie: oggi integrano competenze tecniche, finanziarie e digitali per offrire soluzioni su misura. Fonte Agici

Efficienza energetica: cambiano le regole del gioco. Le Esco si ripensano system integrator della transizione

Nel percorso di efficientamento energetico, le Esco si trovano davanti a un bivio: adattarsi a una domanda sempre più articolata, che va oltre la mera efficienza, oppure rischiare di restare indietro. Il dibattito tra i maggiori stakeholder di comparto – Stefano Cetti, amministratore delegato di Acinque; Giuseppe Apolloni, AD di Alperia Green Future; Paolo Potenza, AD di Genera; Giacomo Cantarella, presidente di AssoESCo – ha fatto emergere alcune direttrici chiare: la necessità di costruire filiere solide per progetti chiavi in mano, l’urgenza di modelli contrattuali evoluti, la crescente centralità della sostenibilità rispetto al semplice risparmio energetico, e il ruolo ancora da esplorare dell’edilizia pubblica. Il tutto dentro un quadro normativo ancora troppo rigido e stratificato, che rischia di rallentare – invece che facilitare – il processo di trasformazione.

Serve una filiera per consegnare progetti chiavi in mano

Stefano Cetti, amministratore delegato di Acinque.

Stefano Cetti, amministratore delegato di Acinque (multiutility attiva nei settori energia, ambiente e reti, gestisce servizi di vendita e distribuzione di gas ed energia elettrica, teleriscaldamento, efficienza energetica e illuminazione pubblica, con un fatturato di oltre 800 milioni di euro nel 2023), ha sottolineato l’importanza di una presenza capillare sul territorio e della capacità di strutturare una filiera solida in grado di consegnare progetti chiavi in mano. «Lavoriamo molto con gli edifici della Pubblica Amministrazione – ha spiegato – ma le modalità di accesso a questi servizi devono essere riviste. La normativa recente, purtroppo, non aiuta. Siamo molto impegnati su tutta l’edilizia pubblica, ma servono strumenti più adeguati».

Modelli contrattuali evoluti e risposta integrata alla domanda

Per Giuseppe Apolloni, AD di Alperia Green Future (società del gruppo Alperia specializzata nell’installazione di impianti elettrici in edifici o altre opere di costruzione) «la domanda si fa sempre più complessa e articolata». Occorre una gestione integrata che tenga insieme investimenti, interventi tecnici, attenzione all’ambiente e coinvolgimento dei territori. «Ci sono due forze che guidano questa trasformazione: l’ambizione climatica e ambientale da un lato, e l’instabilità dei mercati energetici dall’altro». Le Esco, ha aggiunto, si stanno muovendo come system integrator della transizione, ma serve un quadro normativo più evoluto. Apolloni ha ricordato l’intervento su circa 40 edifici della PA in provincia di Verona, realtà segnate da consumi energetici elevati, criticità sociali e complessità gestionali. «Il Superbonus ha sbloccato gli interventi, ma li ha resi poco sostenibili. È urgente un modello contrattuale coerente con l’evoluzione normativa».

La decarbonizzazione è il nuovo driver della sostenibilità energetica

Secondo Paolo Potenza, AD di Genera (Esco italiana, specializzata nella progettazione, finanziamento, realizzazione e gestione di interventi di efficienza energetica e produzione di energia da fonti rinnovabili) «oggi la richiesta dei clienti è sempre più orientata verso la decarbonizzazione piuttosto che alla semplice efficienza energetica». Una tendenza che implica investimenti significativi e tempi di ritorno lunghi. In questo scenario, il ruolo delle Esco cambia: la sostenibilità diventa il vero driver dell’intervento. «La nuova normativa però non aiuta i partenariati pubblico-privato – ha avvertito – perché introduce barriere anziché rimuoverle. Noi vogliamo fare abiti su misura, con l’efficientamento calcolato su un ciclo di vita completo, incluso lo smaltimento».

Il mondo della PA? È ancora inesplorato

Giacomo Cantarella, presidente di AssoESCo.

Giacomo Cantarella, presidente di AssoESCo (l’associazione di categoria italiana, fondata nel 2005, che riunisce le Energy Service Company e altri operatori impegnati nella transizione energetica e nell’efficienza energetica) ha ricordato come le Esco siano nate nel settore industriale, dove l’efficienza energetica rappresenta il nucleo della value proposition, ma non sempre è facile da raccontare. «La forza delle Esco è stata quella di seguire l’evoluzione del mercato. Oggi però si apre un mondo ancora inesplorato: quello degli edifici pubblici». Un settore, secondo Cantarella, frenato da una stratificazione normativa che cambia da settore a settore e da misura a misura. «La fase di dialogo tra istituzioni e operatori è oggi centrale per mettere a terra strumenti davvero efficaci».

Efficienza e decarbonizzazione: la convergenza possibile tra tecnologia, industria e territorio

L’efficienza energetica non è più un comparto a sé, ma un tassello chiave all’interno delle strategie di decarbonizzazione. Non si tratta solo di consumare meno, ma di farlo meglio, integrando tecnologie digitali, nuove forme contrattuali e sinergie tra pubblico e privato. Un confronto tra i maggiori attori del settore – Fabrizio Moioli, AD di Telcha (Gruppo Engie); Giorgio Golinelli, AD di Hera Servizi Energia; Cristian Acquistapace, AD di Renovit; Dario Brambilla, Vicepresidente di Schneider Electric Italia – ha mostrato come industria, utility e fornitori di tecnologia stiano già sperimentando soluzioni avanzate sul campo. Dal teleriscaldamento alimentato con il calore di scarto alle reti digitali per la gestione dei consumi, passando per la proposta di nuovi contratti orientati alla riduzione della CO2: l’efficienza oggi è il volto operativo della transizione.

L’unione tra attori diversi crea un circolo virtuoso

Fabrizio Moioli, AD di Telcha (società del Gruppo Engie, specializzata nella realizzazione e gestione di reti di teleriscaldamento, servizi energetici e soluzioni di efficienza energetica, con particolare focus nella regione Valle d’Aosta), ha portato esempi concreti di efficienza applicata con successo a livello industriale e urbano. «Con Gardaland – ha spiegato – abbiamo avviato una partnership che ha portato a coprire il 25% del fabbisogno energetico del parco con 7.000 pannelli fotovoltaici. Un progetto significativo fin dall’apertura della stagione 2024». Ancora più innovativo il progetto con il Comune di Aosta: «Abbiamo sviluppato una rete di teleriscaldamento partendo dal recupero delle acque di scarto della Cogne. Oggi oltre il 50% del fabbisogno della rete è coperto da calore recuperato, mentre l’uso della caldaia a gas si ferma al 7%». Per Moioli, il messaggio è chiaro: «L’unione tra attori pubblici e privati può generare un circolo virtuoso per l’economia del Paese».

Per l’efficientamento serve un sistema incentivante stabile

Giorgio Golinelli, AD di Hera Servizi Energia (società del Gruppo Hera, specializzata in servizi energetici integrati come la manutenzione di impianti termici, di condizionamento ed elettrici, oltre a offrire soluzioni per l’efficienza e la riqualificazione energetica di edifici e industrie) ha posto l’accento sulla necessità di un sistema incentivante solido e duraturo. «Le Esco operano con contratti performing di lunga durata – ha ricordato – ma perché il modello funzioni, è essenziale che i risultati siano mantenuti nel tempo. La stabilità delle regole del gioco è un prerequisito per attrarre investimenti e garantire l’efficienza nel lungo periodo».

Carbon performance contract: il prossimo passo

Cristian Acquistapace, AD di Renovit.

Cristian Acquistapace, AD di Renovit (società italiana nata nel 2021 su iniziativa di Snam e Cdp Equity, con l’obiettivo di promuovere l’efficienza energetica e la sostenibilità per aziende, condomini e pubbliche amministrazioni) ha analizzato il ruolo cruciale delle Esco nella transizione, sottolineando la convergenza tra investimenti pubblici e privati. «Nel segmento industriale siamo di fronte a sfide complesse, ma anche a grandi opportunità. La decarbonizzazione non è solo un obiettivo ambientale, è un fattore di competitività per il sistema produttivo». Per questo, secondo Acquistapace, è tempo di evolvere: «Il settore industriale può essere pronto a passare dall’Energy Performance Contract al Carbon Performance Contract, dove la riduzione delle emissioni diventa l’indicatore centrale di performance».

La digitalizzazione rende il sistema più efficiente e produttivo

Infine, Dario Brambilla, Vicepresidente di Schneider Electric Italia (filiale italiana di Schneider Electric, multinazionale specializzata nella gestione dell’energia e nell’automazione, con soluzioni integrate per l’efficienza energetica e la sostenibilità) operando in settori come l’industria, l’edilizia e le infrastrutture ha portato la prospettiva tecnologica, sottolineando l’importanza dell’integrazione tra efficienza ed evoluzione dei processi produttivi. «La tecnologia è il fattore abilitante – ha detto – ma va pensata in funzione dei processi che deve supportare. Nei nostri impianti, i sistemi digitalizzati permettono di controllare in tempo reale l’edificio, migliorando l’efficienza, la velocità di risposta e la competitività complessiva». Un’efficienza, dunque, che non è solo ambientale, ma anche industriale e strategica.

De Girolamo (Cva): «L’efficienza energetica è leva strategica di competitività»

Enrico De Girolamo, Direttore Generale di Cva (Compagnia Valdostana delle Acque, è un’azienda italiana, interamente posseduta dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta tramite Finaosta, che opera nel settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, principalmente attraverso la gestione di 32 centrali idroelettriche con una potenza complessiva di 934,5 MW, producendo annualmente circa 2,9 miliardi di kWh di energia pulita) ha delineato le nuove strategie di crescita nel settore dell’efficienza energetica. «Il paradigma è cambiato – ha spiegato – oggi l’efficienza non è più solo risparmio, ma una leva strategica di competitività che passa attraverso l’innovazione». Un ruolo chiave, in questo scenario, lo gioca l’elettrificazione dei consumi, che contribuisce alla decarbonizzazione e impone un ripensamento dei modelli di offerta.

Le Esco – Energy Service Company, società specializzate in efficienza energetica che offrono soluzioni “chiavi in mano” per ridurre i consumi e le emissioni. Il loro modello è semplice: finanziano direttamente gli interventi, come l’installazione di impianti per l’autoproduzione di energia, e recuperano l’investimento attraverso i risparmi ottenuti in bolletta o una quota dell’energia prodotta – oggi si ripensano come system integrator della transizione: soggetti in grado di coordinare investimenti, modelli contrattuali evoluti e soluzioni tecnologiche per rispondere a una domanda sempre più articolata. Anche adottando modelli contrattuali sempre più sofisticati, che si stanno spostando dagli Energy Performance Contract verso i Carbon Performance Contract, in cui la riduzione delle emissioni diventa l’indicatore chiave. Fonte Agici.

De Girolamo ha sottolineato la necessità di intercettare la crescente domanda di energia con soluzioni sostenibili, mettendo insieme le peculiarità dei produttori e un nuovo approccio integrato: «Chi produce energia ha capito che l’efficienza è diventata un pilastro del business. Occorre costruire contratti innovativi che integrino produzione, consumo e servizi, anche in ottica di autoproduzione». Un aspetto critico riguarda proprio la gestione dell’autoproduzione da parte del cliente finale, che si trova a dover coniugare il ruolo di produttore e consumatore. «Questo crea spesso difficoltà operative e organizzative – ha evidenziato – e serve quindi accompagnare i clienti con soluzioni semplici e vicine ai loro bisogni». Fondamentale, per Cva, resta l’attenzione al territorio: «Siamo integrati nelle comunità in cui operiamo. Il nostro obiettivo è costruire insieme un percorso condiviso. Ma è un lavoro continuo, perché esperienze passate non sempre positive hanno generato diffidenza. Superarla richiede dialogo e presenza costante».



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