Per riequilibrare il commercio con gli Stati Uniti e ridurre il surplus (oltre 38 miliardi), il “Piano d’azione” del governo prevede aiuti alle aziende italiane sul mercato americano e acquisti di energia e difesa. L’ambasciatore Fertitta è d’accordo, ma ha delle riserve sulla Cina.
“Il surplus commerciale italiano con gli Stati Uniti vale 38,8 miliardi di euro. A fronte dell’annuncio di dazi da parte dell’Amministrazione americana, occorre rafforzare ulteriormente i rapporti economici con gli Stati Uniti, anche in un’ottica di riequilibrio del surplus della bilancia commerciale: è possibile una ‘strategia transattiva’, con accordi su gas (GNL) e difesa, anche sotto il profilo degli acquisti”. È quanto si legge nel Piano d’azione per l’export italiano nei mercati extra-UE ad alto potenziale, presentato lo scorso 21 marzo.
“È importante”, prosegue il documento, “preservare la presenza delle nostre imprese nel mercato americano, perché se le nostre imprese uscissero dal mercato USA i costi di rientro sarebbero molto alti. Inoltre, il rafforzamento della nostra presenza imprenditoriale potrebbe mitigare la portata dei dazi americani nei confronti del nostro export”.
L’IMPATTO DEI DAZI DI TRUMP SULL’ITALIA
La settimana scorsa l’amministrazione di Donald Trump ha imposto nuovi dazi del 20 per cento sull’Unione europea, dunque anche sull’Italia. “Sia per l’Italia, sia per l’UE, le esportazioni verso gli Stati Uniti pesano per circa il 3% del PIL”, spiegava un rapporto dell’Ispi. “Dal punto di vista settoriale, però, l’Italia è più esposta sui prodotti finiti (19% delle sue esportazioni, contro l’11% europeo) e nell’alimentare (11% contro il 5%). L’impatto dei dazi sarà dunque diverso a seconda dei prodotti che saranno più colpiti”.
LE NUOVE AGEVOLAZIONI DELLA FARNESINA LEGATE AL PIANO D’AZIONE
Con l’obiettivo di potenziare la presenza delle aziende italiane sui mercati esteri, incluso quello statunitense, a fine marzo il Comitato agevolazioni presieduto dalla Farnesina ha approvato 155 prestiti agevolati per il finanziamento di progetti di internazionalizzazione di piccole e medie imprese, dal valore di 63,6 milioni di euro. Sono inoltre stati deliberati, con un finanziamento di 15 milioni, prestiti partecipativi per sostenere l’espansione delle aziende italiane nel Regno Unito e negli Stati Uniti.
“Il sostegno finanziario alle piccole e medie imprese che esportano e investono all’estero è cruciale per la crescita del nostro tessuto imprenditoriale e per raggiungere gli obiettivi del Piano d’azione per l’export italiano“, aveva dichiarato il ministro degli Affari esteri Antonio Tajani.
MELONI A WASHINGTON, VANCE A ROMA
In sostanza, la strategia del governo di Giorgia Meloni per rispondere ai dazi di Trump prevede l’incentivo agli investimenti italiani sul mercato statunitense e l’acquisto di forniture di gas liquefatto e di sistemi di difesa.
Nei prossimi giorni la presidente del Consiglio si recherà a Washington per incontrare Trump – con il quale è in buoni rapporti – e discutere delle tariffe; per la settimana di Pasqua, invece, è attesa la visita del vicepresidente americano J.D. Vance a Roma.
IL PENSIERO DELL’AMBASCIATORE FERTITTA
In audizione alla commissione per le Relazioni estere del Senato americano, Tilman Fertitta – cioè il nuovo ambasciatore degli Stati Uniti in Italia – ha esposto le sue proposte per riequilibrare la bilancia degli scambi tra Roma e Washington: l’Italia dovrebbe comprare “meno energia dalla Libia e da altri paesi” e comprare più idrocarburi americani; dovrebbe anche aumentare la spesa per la difesa, che oggi è “del tutto insufficiente” (ammonta all’1,6 per cento del Pil, anziché al 2 per cento come richiesto dai patti della Nato).
Di acquistare più energia e sistemi militari dagli Stati Uniti lo si legge anche, come visto, nel Piano d’azione per l’export italiano.
Nell’audizione, Fertitta loda l’operato di Meloni nella gestione della questione migratoria e l’uscita dal memorandum sulla Via della seta con la Cina, nel 2023 (a firmare l’accordo era stato il governo di Giuseppe Conte, nel 2019). Si dice però “preoccupato” della presenza di “undici stazioni di servizio cinesi in giro per l’Italia”, ovvero stazioni della polizia cinese utilizzate per il controllo degli emigrati e dei dissidenti. A detta di Fertitta, gli italiani “non sono disposti a usare toni troppo duri contro la Cina”.
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