Articolo tratto da Gds (di Gaetano Mazzuca)
Non c’è solo un drammatico giro di usura, tra le pagine dell’inchiesta “Dio denaro” si intravede una città sommersa fatta di violenza ma anche di scorciatoie illegali e insospettabili capacità di trovare canali di comunicazioni con esponenti delle istituzioni.
Carlo Francesco Procopi, arrestato nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza, appare come un “uomo cerniera”, le fiamme gialle lo riprendono ai tavoli dei ristoranti più alla moda e poco dopo a dialogare con esponenti della criminalità rom.
In questo mondo di mezzo si muovono anche le sue presunte vittime. Da dialoghi e chat intercettate dagli inquirenti emerge così il mercato delle aste giudiziarie.
Accade che uno degli imprenditori finiti nella rete dell’usura voleva acquistare all’asta giudiziaria un immobile appartenuto a una società del padre dichiarata fallita.
Decide di rivolgersi a un imprenditore condannato in primo grado a 30 anni per i suoi rapporti con le cosche del Crotonese. L’uomo mostra piena disponibilità: «Non ti preoccupare, te lo prendo io, sono il re delle aste».
Anticipa l’assegno circolare che bisognava depositare per fare l’offerta e assicura che si tratta di una cortesia non intende guadagnarci. Viene coinvolta una terza persona per presentarsi materialmente all’asta giudiziaria.
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