Giorgetti: spese per la difesa al 2% già quest’anno. Quadro incerto, monitoriamo attentamente. Dazi, Istat: impatto sul Pil di 0,2% nel 2025


Upb: dazi peseranno 0,3 punti su valore aggiunto, colpiti quasi tutti settori

Alcune simulazioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio mostrano che i dazi Usa impatteranno, tenendo conto anche degli effetti indotti, su quasi tutti i settori dell’economia, con una perdita a livello aggregato di valore aggiunto nell’ordine di tre decimi di punto percentuale. A risentirne maggiormente sarebbero i settori farmaceutico, attività estrattive, automotive, prodotti chimici, attività metallurgiche e fabbricazione di macchinari, tutti mediamente più esposti verso gli Stati Uniti come mercato di sbocco o con dazi più elevati. Ne risentirebbero però anche le imprese di servizi professionali, quali quelli della pubblicità, della progettazione immobiliare e della gestione del personale. La simulazione è stata presentata in audizione sul Dfp. da aumento spesa in difesa aumento debito, moltiplicatore sotto a 1

Un aumento delle spese per la difesa e relativo scostamento, secondo le simulazioni di Upb, causerebbero un aumento del debito di 0,7 punti percentuali fino al 137,3% nel 2028 con un utilizzo parziale (0,25 punti percentuali di Pil nel 2025 e 0,5 nel 2026-28) della flessibilità; con un aumento graduale della spesa fino alla massima flessibilità consentita, pari a 1,5% nel 2028, il debito salirebbe a 137,7% con un peggioramento della dinamica negli anni successivi e debito/Pil in salita dopo il 2031. L’impatto economico positivo di questi aumenti di spesa dipende dalla composizione della spesa e dal grado di attivazione della domanda interna, ma il moltiplicatore di tali interventi è stimato inferiore a uno. Le previsioni sono state presentate in audizione sul Dfp in relazione alle iniziative Ue sulla difesa che consentono di attivare la clausola di salvaguardia nazionale per discostarsi dal percorso di rientro, aumentando la spesa per la difesa. Attualmente, si attesta all’1,2% del Pil nel 2023 secondo la classificazione Ue e all’1,5% nel 2024 secondo quella Nato.

Corte dei conti: indicazioni limitate, mancano elementi per valutare

Per una disamina del quadro offerto dal Dfp «manca non solo lo sviluppo programmatico (inciso dalla difficoltà di definire al momento una ricostruzione puntuale delle necessità in gioco), ma anche (e soprattutto) un dettaglio informativo determinante su diversi capitoli della politica finanziaria di breve e medio periodo: sono limitate le indicazioni sulla composizione della spesa per settori, non vi sono elementi e indicazioni adeguate sulle modifiche su cui si sta lavorando per il ridisegno del Pnrr, mancano indicazioni sulle scelte che ci si propone di assumere sul fronte della spesa per il settore della difesa. Elementi che rendono difficile valutare la tenuta del quadro complessivo e la sua coerenza con quelle che sono le priorità dell’azione di governo». Lo afferma la Corte dei conti in audizione sul Dfp.

Trend pensioni sotto controllo, serve certezza regole

«Le tendenze di fondo delle uscite per le prestazioni pensionistiche sembrano restare sotto controllo anche per effetto delle diverse correzioni apportate negli ultimi anni alla disciplina dei pensionamenti anticipati a partire, per le uscite con Quota 103, dall’introduzione del calcolo interamente contributivo che ha limitato l’impatto sui flussi di pensionamento», sostengono i giudici contabili. «È cruciale, nel momento in cui il nuovo framework regolatorio di governance economica dell’Ue fa del governo della spesa lo strumento principe del controllo degli equilibri dei conti pubblici, dare certezza alle regole del sistema previdenziale, a partire dal riavvio, previsto dal 2027, del meccanismo di adeguamento alla speranza di vita dei requisiti di accesso alla quiescenza».

Cnel: con calo fiducia famiglie e imprese rischio recessione

Il calo di fiducia che si prospetta delle famiglie e delle imprese e l’aumento dell’incertezza determinata dal quadro geopolitico portano il rischio di recessione. Lo ha detto il presidente del Cnel, Renato Brunetta, nell’audizione davanti alle Commissioni bilancio di Camera e Senato. «Il grado di incertezza è ampliato dai conflitti geopolitici, dai i cambiamenti tecnologici e ambientali e pesa come un macigno sulle aspettative degli agenti economici, rendendo difficile per individui, imprese e governi agire e pianificare razionalmente. Nel breve periodo – ha spiegato – dovremo quindi aspettarci una caduta della fiducia dei consumatori e dei produttori. Più incertezza e meno fiducia delle imprese e delle famiglie determinano una riduzione della domanda di beni di investimento e di consumo. Con ricadute negative su produzione, occupazione e redditi. In altre parole: recessione. Il solo nominarla provoca timori giustificati per occupazione e benessere dei cittadini».



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