Il Sud cresce ma serve il sostegno istituzionale


Il Mezzogiorno ha una bilancia commerciale manifatturiera positiva, le esportazioni superano in valore le importazioni. Il rapporto tra export e import è superiore alla media nazionale. In termini relativi, quindi, il Sud contribuisce al saldo attivo della bilancia più del resto del Paese. Naturalmente, la situazione sostanziale è ben diversa, perché il valore delle esportazioni del Sud è molto più ridotto di quello del resto dell’Italia, ma ciò non svilisce la rilevanza del dato.

L’export meridionale, infatti, ha cominciato a decollare solo da qualche anno e gli indicatori positivi citati sono una novità conquistata sul campo di una crescita solo iniziata, e quindi da consolidare. Dagli esiti della ricerca di Srm “Il Manifatturiero del Mezzogiorno nell’attuale contesto geoeconomico. Interdipendenze e competitività”, presentata al recentissimo convegno promosso dalla Fondazione Merita, risulta tra l’altro che la base produttiva del Sud sta finalmente strutturandosi ed è quindi capace di ‘trattenere’ una maggiore parte del valore aggiunto generato sul territorio.

Per ogni 100 euro, 54 rimangono al Sud e 46 vanno al Centro-Nord. Appenadieci anni fa, più della metà del valore aggiunto si indirizzava verso il Nord Italia. Questa evoluzione è connessa allo sviluppo delle imprese del Mezzogiorno, in particolare nei suoi settori di punta: agroalimentare, aerospazio, automotive, abbigliamento-moda e farmaceutica. Nel complesso, gli investimenti in questi comparti sono cresciuti di circa il 40% negli ultimi cinque anni, a fronte di undato nazionale del 30%.

D’altra parte, leimprese del Sud con fatturato superiore ai 10 milioni hanno avuto una migliore redditività rispetto alle stesse aziende su base nazionale (Roe Sud 13,1%, Roe Italia 10,1%). Last but not least, è aumentata la presenza di imprese straniere. Nelle filiere del Sud negli ultimi dieci anni l’incremento è stato del 12,6%, (a fronte del +4,9% Italia). Insomma, molti indicatori evidenziano come il Sud stia cambiando marcia.

Il percorso, tuttavia, deve essere sostenuto dalle istituzioni, perché il divario con il Centro-Nord è ancora elevato. La quota di valore aggiunto dell’industria manifatturiera del Mezzogiorno non raggiunge neppure la metà di quel 33% che la fisserebbe in corrispondenza con la quota percentuale dei residenti. La Zes unica può facilitare una riduzione del gap, ma è importante che a ogni livello, dal Governo agli enti locali, la direzione di marcia sia coerente: aumentare la coesione territoriale, superare l’atavico dualismo economico e sociale che separa le due Italie.

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